Master in
“TERRORISMO E ANTITERRORISMO INTERNAZIONALE”
Terrorismo. i campi di concentramento in Cina
ANNO ACCADEMICO 2023/2024
( dalla presente tesi si estrae il paragrafo
"Il decentramento amministrativo e la riforma economica cinese)"
Il decentramento amministrativo e la riforma economica cinese
La
Cina è sempre stata caratterizzata da forti sviluppi economici, tali da
destare un forte interesse dalle potenze economiche mondiali. Per lungo tempo,
la sua economia è stata prevalentemente di tipo agricolo, fondata su coloro
che detenevano terre e le lavoravano; la politica economica cinese conosciuta
come “riforma e apertura” del 1978, faceva parte del piano di Deng Xiaoping di
decentralizzazione economica lungo le aree costali cinesi. Tuttavia, il PIL
delle regioni costiere registrò una crescita di circa il 13% dal 1978 al 1996,
mentre il PIL delle regioni interne aumentò soltanto del 7%. Secondo Deng
Xiaoping, la crescita economica delle zone costiere avrebbe fatto
conseguentemente sviluppare anche le zone interne, ma così non fu, e la
disparità economica trovò conferma anche nella disparità salariale e della
propensione al consumo tra le due zone.
Dopo
la nascita della Repubblica con Mao Zedong, la Cina ha variato molto il suo
status economico, in quanto egli creò un vero e proprio stato totalitario dove
ogni tipo di cambiamento dovesse passare sotto le mani del potere, strettamente
di tipo socialista, che rappresentava l’unico fondamento della Repubblica: ogni
iniziativa economica privata venne fortemente limitata o addirittura abolita, e
i proprietari terrieri dividevano la propria terra con lo Stato.
La
seconda fase della riforma si stabilisce tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi
degli anni ’90, e ha coinvolto il mercato dei capitali, in particolare la Borsa
di Shanghai (1990) e la Borsa di Shenzhen (1990).
Le
fasi di sviluppo della Cina sono sempre state caratterizzate da varie riforma
economiche basate sul sistema amministrativo, dapprima come oggetto principale
tramite l’attuazione di alcuni regolamenti politici col fine di migliorare lo
standard economico del paese, e successivamente, soltanto dalla metà degli
anni ’80, lo sviluppo ha iniziato a concentrarsi su un’economia di mercato.
L’obiettivo
imposto nel 1958 può considerarsi quello di un decentramento amministrativo,
avente come intento quello di rafforzare il potere delle amministrazioni
locali. Il decentramento proposto si sviluppò su determinati punti:
·
un sistema di pianificazione: piena libertà
dell’amministrazione di regolare l’attività economica produttiva del suo
settore territoriale.
·
l’amministrazione delle imprese: la gestione
delle imprese venne messa in mano alle autorità locali (tranne per quelle la
cui gestione era definita dalle autorità centrali).
·
l’allocazione dei beni di produzione: le
richieste delle imprese per i beni andavano direttamente dalle autorità
provinciali di competenza e non all’autorità centrale.
·
l’amministrazione locale aveva il diritto di
decidere se utilizzare o meno i fondi stanziati dal governo centrale per i
progetti che riguardavano la regione.
Nonostante
questi punti ben delineati, il decentramento amministrativo non si rivelò una
riforma del tutto efficiente: nel contesto delle Rivoluzioni Popolari degli
anni ’50, a causa dell’acutizzarsi delle idee comuniste, le autorità locali
iniziarono a sfruttare la situazione e a sviluppare dei progetti locali che
richiedevano investimenti abbastanza elevati.
Nel
1970 avvenne una riforma simile a quella del 1958, ma non venne accettata per
motivi ideologici e politici. Per questo motivo, il decentramento
amministrativo potè essere l’unica possibilità di riforma, e doveva essere
volto anche alla realizzazione di obiettivi militari che hanno dato vita ad
un’economia non molto positiva, tanto che dopo questa riforma il governo è
stato nuovamente costretto a riprendere i poteri amministrativi decentrati.
E’
necessario evidenziare che la riforma del decentramento non ha funzionato
perché questa prevede una contraddizione del sistema di un’economia
pianificata, la quale ha bisogno che le risorse siano collocate a livello centrale.
Nel
1978, lo sviluppo economico cinese ha avuto una nuova opportunità nella
cosiddetta Riforma Incrementale, che prevedeva l’incremento del settore
delle imprese. Per la proprietà contadina, si sviluppò un sistema di
responsabilità familiare, dove i contadini che lavoravano la terra
consegnavano i prodotti raccolti allo Stato e questo li redistribuiva ai contadini
come beni e salari attraverso una specie di punteggio accumulato durante l’anno
di lavoro. Questo nuovo sistema portò ad un aumento della produzione, venne
utilizzato nel 1980 nelle campagne e dimostrò che questa riforma in campo
agricolo portasse dei risultati positivi: da questo momento lo Stato favorì la
crescita delle imprese private, una serie di politiche si importazione ed
esportazione con l’estero, e l’individuazione di altre zone adatte dove
introdurre questa nuova riforma. Si raggiunse un sistema di economia di
mercato.
Durante
gli ultimi anni del 1990 e i primi del 2000, lo sviluppo economico della Cina
è stato interessato da due avvenimenti importanti, ossia la rapida crescita
delle imprese private e la ristrutturazione delle imprese statali (State-Owned
Enterprises, SOEs). In questi anni emersi quindi un nuovo regime di crescita
basato sempre più sugli investimenti a discapito dei consumi, i quali,
infatti, scenderanno dal 51% del Più nel 1992 al 36% nel 2006.
Il
Governo di Jiang Zeming e Zhu Rongji introdusse, negli anni ’90, una “terapia
shock” di ristrutturazione del programma per la chiusura e la fusione di
migliaia di SOEs considerate inefficienti, e arrivò a licenziare più di 30
milioni di lavoratori. E mentre le SOEs diminuirono l’assunzione di operai, nel
settore privato queste aumentarono progressivamente. La trasformazione del
sistema economico socialista, nel 1998, aprì la strada ala privatizzazione
dell’edilizia abitativa urbana e le proprietà dello Stato iniziarono ad essere
trasferite ai nuclei familiari, infatti milioni di famiglie diventarono
proprietarie di case: si è originato così un boom nel settore
immobiliare.
La
crescita del settore privato nei primi anni del 2000 fu anche aiutata dalla
mancanza dell’applicazione della legge in Cina, infatti il sistema illegale
unito al numero dei disoccupati portò ad un aumento del potere economico dei
capitali. Nonostante la crescita del settore privato, la seconda parte di
questi anni furono caratterizzati da un mancato cambiamento demografico,
infatti il numero di giovani come forza lavoro iniziò a stabilizzarsi e poi
diminuire, e una grande parte della colpa è della Politica del Figlio Unico in
vigore in quegli anni.
In
sintesi, nell’arco di quest’ultimo ventennio analizzato, si può dire che in
Cina, all’interno di un’economia pianificata, si sono gradualmente inseriti
degli elementi capitalistici, inizialmente utilizzando le società straniere e
le Joint Ventures, successivamente dando la possibilità alla popolazione di
fare impresa, creando così i presupposti per la trasformazione del sisma
economico consolidato negli anni successivi ed esploso definitivamente nei
primi anni 2000.